La psicologia ci spiega come un semplice plaid appoggiato sul divano possa raccontare di noi, più di quanto lo facciano le parole.
In molti lo fanno, ma non tutti: sistemare il plaid sul divano anche con 20 o 30 gradi. Fa caldo, non serve davvero, eppure c’è qualcosa di inconscio, nonché psicologico dietro. La cosa interessante è che, pur trattandosi di un’abitudine condivisa da tante persone, le motivazioni non sono sempre le stesse – e quasi mai c’entra davvero il freddo.
D’altronde la nostra mente è complessa, piena di sfumature. Pensiamo a chi non riesce a dormire senza lenzuolo neppure con 40 gradi, o a chi si sente ‘meno protetto’ solo perché ha i piedi scoperti. Le somiglianze sono tante, e l’elenco potrebbe essere infinito. Ma quella del plaid resta una delle più curiose, soprattutto per chi ha voglia di capirsi un po’ di più.
Le ragioni? Spesso emotive, a volte del tutto fuori dai soliti schemi. Eppure, quel plaid sul divano – anche con 40 gradi – continua a stare lì. Per un motivo ben preciso.
Anche se fino ad oggi non ci avete pensato, questo non è solo un dettaglio d’arredo lasciato lì per caso. Quel plaid sul divano, anche quando in piena estate, racconta di noi, ma non per tutti allo stesso modo.
Per qualcuno è un modo per sentirsi accolto, protetto, come se bastasse vederlo per attivare quella sensazione di benessere. Possiamo definirla una forma di contenimento dei bambini, come se lo spazio diventasse più nostro, più sicuro, solo perché c’è.
Poi c’è il legame affettivo da non sottovalutare. Quel plaid magari ci accompagna da anni, ha visto pomeriggi di relax, maratone di film, domeniche lente. Anche se non lo tocchiamo da giorni, ci basta averlo sott’occhio per sentire che siamo nel nostro posto. Insomma, un pezzetto di atmosfera domestica che non abbiamo voglia di togliere, anche se fa caldo.
E non dimentichiamoci della forza delle abitudini visive. Se siamo abituati a vedere il divano così, con il plaid appoggiato nell’angolo, toglierlo sarebbe come rompere un equilibrio. Pare strano, ma è più comune di quanto immaginiamo.
E poi sì, quel plaid può essere anche un piccolo ancoraggio emotivo. Come una tazza che non usiamo mai ma che vogliamo sempre a vista. Un gesto che ci collega a noi stessi, e ci ricorda che quello spazio, alla fine, ci somiglia.
Dunque, se qualcuno ci chiede perché lo teniamo lì anche con 30 gradi, potremmo sorridere e rispondere che, in fondo, non tutto ha bisogno di una spiegazione. Basta che ci faccia stare bene.
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